TUTTA COLPA DI CLARISSA


«Perché non andiamo anche noi a fare un giro in bici?»
Clarissa la guardò strana. 
«Noi non abbiamo una bici», le ricordò. 

Già. Era vero. Loro non avevano una bici. 

Tornò a guardare fuori dalla finestra. 
Le gemelle Baldi giocavano a pallavolo insieme alle due cugine arrivate per le vacanze, mentre Annalisa trottava su e giù col suo nuovo monopattino. 
«E se andassimo a pattinare ai giardinetti?» propose voltandosi verso la sua amica con un guizzo negli occhi. 
«Ma... non abbiamo nemmeno i pattini...» rispose lei allargando le braccia. 
Matilde sbuffò e le dette di nuovo le spalle. Si mise a contemplare l'orizzonte oltre il cemento dei tre blocchi del condominio che aveva davanti, in silenzio. 

Era una giornata bellissima. Una di quelle giornate in cui le sarebbe piaciuto un sacco andare al mare a nuotare: ma lei e Clarissa non nuotavano mai. 
«E... e se andassimo a fare una corsa sulla spiaggia? Solo... una corsa. Senza entrare in acqua. Nemmeno con un piede». 
Stavolta lo disse senza distogliere lo sguardo da quell'unico solitario batuffolo che spennellava il cielo di bianco all'altezza dell'edificio B. 
«Una corsa no. Magari una passeggiata...»
Matilde strizzò gli occhi e si sforzò di non piangere. 
Ce la fece, ma non andava sempre così. 
A volte il pensiero di non poter fare quello che facevano tutte le altre bambine le faceva così male che sprofondava nel letto, batteva i pugni sul cuscino e urlava: 
«È tutta colpa di Clarissa!»

Dopo però si sentiva cattiva. 
Clarissa era la sua migliore amica. 
Anzi, Clarissa era la sola amica che aveva. 
L'unica che le raccontava i suoi segreti, che giocava con lei, che la invitava al suo compleanno e che la mattina di Natale le telefonava per sapere quali regali aveva trovato sotto l'albero. 
Non sarebbe stato giusto abbandonarla soltanto perché aveva le gambe mozzate e non poteva correre, o nuotare, o andare sui pattini. 
No, sarebbe stata una cosa bruttissima. 
Perché Clarissa non la abbandonava mai, nemmeno quando era così triste da starsene senza parlare tutto il giorno. 

Matilde prese un libro. 
Aveva da poco cominciato Il richiamo della foresta e le piaceva da matti. E pensò che in fondo non importava se fuori il sole splendeva: potevano chiudere la finestra, schizzare i vetri con un po' d'acqua, e fingere che piovesse. 
«Guarda come piove, Clarissa! - esclamò abbracciando la sua amica - non ti sembra una bellissima giornata per leggere?»

Mentre Clarissa spalancava il suo bel sorriso Matilde sentì aprire la porta, e sua madre si affacciò per dirle che era pronta la merenda. 
«E poi Mati, non sei un po' grande per giocare ancora con questa bambola?», aggiunse. 

Matilde non rispose. 
Girò la sedia a rotelle, e la seguì. 





Commenti

  1. Bellissimo racconto con un finale sorprendente che lascia spazio elle riflessioni

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    1. Ciao, benvenuto ( o benvenuta? ) nel blog! Grazie per la lettura e per le belle parole che hai speso per il mio racconto. Spero di continuare ad averti tra i miei lettori :). Vale

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  2. È la seconda volta, cara Valentina , che i tuoi racconti mi evocano bei ricordi.
    Anche io da piccolo (evito di svelare quanto piccolo, perché non ero proprio piccolo) avevo degli amici, erano tre, tre piccoli gnomi, tipo Memole. Sono stati buoni amici, poi però li ho abbandonati, e non mi vergogno avvertire la loro mancanza.
    Ciao

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  3. Cara Valentina, anche questo tuo racconto mi ha evocato bei ricordi.
    Quando ero piccolo avevo dei buoni amici. Erano tre. Tre piccoli gnomi, credo cugini di Memole. Mi aspettavano dal mio ritorno da scuola per giocare assieme. Poi però, un giorno li abbandonai.
    Mi mancano e non mi vergogno a dirlo.

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    1. Caro Roberto, grazie di nuovo per la lettura e per aver condiviso nel blog questo tuo ricordo. Io credo che non ci sia niente di cui vergognarsi nell'ammettere di sentire la mancanza di qualcuno e, soprattutto, ammiro molto il fatto che, come si tende spesso a fare, tu non dia la "colpa" al destino, al tempo che cambia le cose, o alla Fata Turchina, ma tu ammetta così candidamente di averli abbandonati. Si fanno tanti errori, tutti ne facciamo. Anche io ho abbandonato alcune amicizie sai? Con una di queste abbiamo da poco cominciato a scriverci delle bellissime lettere alcune delle quali, se avrai voglia di seguire la saga "Cara amica ti scrivo", potrai trovare anche qui :) E tu non riesci a recuperarne nemmeno uno, di questi cugini di Memole?? Vale

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  4. Grazie Valentina, sopratutto per la bellissima domanda che lascerei senza risposta, appunto per non rovinarla, poiché in essa è contenuta la speranza

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    1. Giusto Roberto. E anche perché solo quelle domande di cui non conosciamo la risposta si chiamano sogni. :) Vale

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